Hiroshima e Nagasaki. Il mondo aveva riconosciuto i cattivi e li stava combattendo. I grandi della terra si erano riuniti ed avevano capito che di lì a poco avrebbero vinto.
Ma i grandi della terra sapevano che prima di finire qualcosa bisogna iniziarne già un’altra, perché altrimenti sarebbero come gli altri ed invece loro non possono vivere senza un nemico: se uno sta per essere sconfitto, bisogna formarne un altro, che sia pronto! magari scegliendolo tra gli amici, magari mentre lo si guarda negli occhi e gli si stringe la mano.
Altrimenti non sarebbero i capi della terra.
La vita umana è qualcosa di unico. Lo stesso istante può generare mille e più emozioni diverse a chi lo vive, ne ascolta il racconto o ne paga le conseguenze.
L’aviatore ammirato che vede la bomba cadere giù e l’esplosione causata dalla sua operazione militare sarà emozionato, stringerà al petto la foto dell’amata, non come le persone che verranno spazzate via da quella catastrofe, che forse non si accorgeranno di niente. Le pene dell’inferno e l’angoscia per chi soffrirà per le radiazioni, vedendo il corpo martoriato dei propri figli e lo champagne, se ce n’è ancora in America e in Europa per la guerra vinta, la speranza e la povertà che rende soli ma solidali.
Un sigaro, forse, per chi ha schiacciato il bottone delle decisioni, per giocare a Risiko con un mappamondo dove mancano i miliardi di puntini che siamo noi. Si lo so, un sigaro non è un’emozione, ma non credo si possa pretendere di più da tutti quei generali, governanti, ideologi e industriali che vivono grazie alla guerra.
Non abbiamo imparato nulla. La guerra c’è ancora, prima di un motivo, una ragione, una storia o un nemico.
Quello lo si può creare come Dio creò l’uomo. Così, questi esseri che credono di essere umani, fanno, giocando col mappamondo, con i puntini che siamo noi che però non si vedono e con le nostre vite.
Oggi come ieri.
Giro giro tondo, casca il mondo, gioca alla guerra, tutti giù per terra!