Alle Officine Garibaldi di Pisa, grande successo per la mostra Luminescenze pisane di Alfonso Mangone prolungata fino al 3 Agosto e il Professor Corsi ci racconta di come il suo percorso di vita intellettuale e professionale si sia incrociato con quello del Maestro
Alfonso Mangone con i suoi colori e le sue atmosfere metropolitane ha incantato il pubblico delle Officine Garibaldi, richiamando oltre 500 visitatori da tutta Italia, appassionati di arte e cultori della materia, negli spazi di via Gioberti (Pisa), dove hanno potuto osservare da vicino le sue Luminescenze Pisane.
Tra gli esperti che hanno partecipato all’inaugurazione anche il famoso critico d’arte Luciano Carini.
Le fluorescenze dei quadri di Mangone hanno ottenuto uno strepitoso successo. Il Maestro ha saputo reinventare forme e colori tradizionali su tela. Le oltre 20 opere in mostra alle Officine Garibaldi, che rappresentano al meglio l’estro dell’artista, saranno esposte fino al 3 agosto.
Dunque, un trionfo che ha portato le Officine Garibaldi a prolungare l’accesso alla rassegna, organizzata in collaborazione con Francesco Corsi di Artingenio, fino alla prima settimana di agosto.
Mangone inizia a dipingere fin da bambino. Ama il rock fin dalla tenera età e comincia la sua carriera pennellando a caratteri cubitali sulla casa paterna, con rossa vernice antiruggine, il nome del suo gruppo preferito: THE ROLLING STONES.
Frequenta l’Accademia a Napoli, successivamente quella di Catanzaro e, infine, si sposta a Firenze; segue un lungo percorso che lo conduce fino ad Amsterdam, all’Aia, a Berlino, per poi tornare nella terra del sole, ad Altavilla (SA). Dopo la lezione del rinascimento fiorentino, che resterà sempre sullo sfondo del suo sguardo, c’è la cultura rock e underground, la psichedelia.
Si considera un “attraversatore di città” che percorre in ogni angolo artistico, si immerge nella folla, vive la gente per ritrarla in fugaci passaggi. Così dipinge le piazze, le città arricchendole di nuova vita. Dalla sua esperienza di vita artistica, da lui definita ‘randagia’, che assume talvolta i connotati della street art, procede un’evoluzione della pittura che sembra culminare, dopo ben cinquant’anni, in ciò che Corsi definisce “Rinascimento psichedelico”.
“L’arte apprende dalla vita, come la vita dall’arte: se dunque comprendi propriamente l’una, non puoi non comprendere l’altra”. La famosa frase di Hölderlin, aderisce perfettamente all’opera di questo maestro squisitamente contemporaneo.
Il Professor Corsi, filosofo che ama fare l’editore, ci ha raccontato di come il suo percorso di vita intellettuale e professionale si sia incrociato con quello di Fernando Alfonso Mangone, pittore del Rinascimento psichedelico.
La matrice si riconduce sicuramente a Vittorio Sgarbi, che lo stesso Corsi ritiene la figura più importante per la valorizzazione dell’intera civiltà italiana, oltre che essere sicuramente il più grande conoscitore della Storia dell’Arte, vissuta e condivisa con quanti hanno il piacere di ascoltarlo.
Corsi, fin da ragazzo, è stato affascinato dalla figura del giovane Sgarbi, così ribelle e sanguigno, e dal suo raffinato eloquio unito ad una originalità che inchiodava ad ascoltarlo. A Siena incontra l’Editore Cantagalli, il famoso editore senese vicino al mondo cattolico, con il quale avvia una collaborazione.
“Mi venne l’idea di proporre la pubblicazione di un libro al Professor Vittorio Sgarbi. Mi fu detto che non ci sarei riuscito. In effetti, trattandosi di un personaggio di primo piano, non era facile poter avere udienza. Dieci anni sono ormai passati da quando incontrai per la prima volta il grande critico. E fu all’alba di una mattina veneziana, dopo una splendida giornata trascorsa con il Professore – che ti faceva assaporare ogni più remoto angolo della città di San Marco – che venne partorito il titolo del libro che nientemeno avrebbe scritto Vittorio Sgarbi. Nel 2011 Cantagalli pubblica il libro “L’ombra del divino nell’arte contemporanea”, di cui andrò a vita orgoglioso! – ci racconta Corsi.
Seguendo lo sviluppo di quel testo, Corsi comprese che l’arte non conosce soluzioni di continuità, perché il germe creativo si sviluppa nell’humus contemporaneo, in perpetuo mutare, ma con una traccia di conoscenza e di profondità che permane e si sottrae all’ingiuria del tempo.
Avendo il vezzo di andare controcorrente, il Professore ha scoperto che la sua filosofia andava d’accordo con quella del Maestro. Così è nata una mostra a Venezia con annesso catalogo, a cura di Vittorio Sgarbi, per cui lo stesso Corsi ha scritto.
L’arte sopravvive nei secoli e torna. Così torna El Greco nell’interpretazione fluorescente di Alfonso Mangone, torna Michelangelo, il Carracci, Leonardo con la Dama con l’Ermellino, alla quale l’artista ha modificato il volto. E tornano il Bramante e il Palladio, nella rivisitazione delle architetture rinascimentali che l’artista riconsegna alla contemporaneità arricchite dai colori dei fiamminghi e dei Brücke che gli conquistarono l’anima.
Mangone è un ottimista per antonomasia, è un uomo che vive con generosità e semplicità ciò che il mondo gli offre ogni giorno. Tanto i successi, quanto le bufere, sono da lui ben accette e in questo rivela un sorprendente spirito che ricorda la natura francescana. La ‘perfetta letizia’, l’essere sempre gentile con tutti e il perdonare, non serbando rancore per nessuno. Per questa visione così positiva della vita Mangone, oltre che un grande maestro d’arte, è anche un grande maestro di vita. Forse per questo Mangone ama dipingere Papa Francesco in modo fluorescente, punk, pop.
Anche un giornalista come Roberto Alborghetti, che conosce assai bene il Papa, avendone scritto, di recente, il bel libro “A tavola con Papa Francesco”, ha apprezzato di recente l’energetico dipinto di Mangone che ritrae il Papa nel mimare l’“ok” col pollice.
“Credo che l’opera di Mangone abbia il carattere per diventare uno dei punti di riferimento nel panorama attuale dell’arte. L’arte contemporanea sembra essersi isolata in linguaggi autonomi, perdendo la connotazione emozionale, diventando linguaggio talmente minimale da non suscitare più alcun tipo di commozione, stupore, né visione, concetto. Anche l’arte concettuale giunge talvolta a livelli di apofasi. Domina la negazione, il negativo, la cesura, la soluzione di continuità rispetto alle tradizioni, l’attacco insensato ad una civiltà che si è edificata sulle spalle dei giganti. Spesso il linguaggio dell’arte contemporanea si riduce alla provocazione. Ma anche il tempo della provocazione è superato, perché viviamo in una società che ha perso riferimenti, codici, paradigmi e quindi non c’è ormai più nulla che provoca e stupisce. Anche il trash è ormai abusato in ogni campo! – continua il Prof. Corsi – Forse può nascere innovazione nell’arte raccontando le forme classiche con occhi e sentimenti nuovi, sguardi ed emozioni del proprio tempo, oltre le avanguardie. Come avrebbe detto il filosofo Martin Heidegger, fare un passo indietro per andare avanti, raccontando al mondo una vita che sovrabbonda e trionfa sui linguaggi mortiferi e nihilisti. E questo Alfonso Mangone sa farlo molto bene. Per questo ci siamo allineati sulla stessa lunghezza d’onda”.