A Roma per le riprese di All The Money In The World di Ridley Scott e il bio-pic sullo scrittore Gore Vidal, diretto da Michael Hoffman per Netflix, il due volte premio Oscar Kevin Spacey si è prestato per una conferenza stampa lampo molto divertente per parlare di Baby Driver

Kevin Specey
In attesa dell’uscita il prossimo 7 settembre del nuovo film di Edgar Wright, Baby Driver – il Genio della fuga, distribuito da Warner Bros. Italia, vi sveliamo qualcosa di più attraverso le parole di uno dei suoi protagonisti: l’amatissimo attore Kevin Spacey, che ha incontrato la stampa per una piacevole e divertente chiacchierata sul film e il suo essere attore.
Nel corso di un’intervista all’Hollywood Reporter di tre anni fa parlando delle scelte della sua carriera, aveva detto che avrebbe accettato solo ruoli di rilievo e non avrebbe più interpretato il fratello di nessuno, dicendo, cito: «Datemi Martin Scorsese o andate affanculo». Conferma?
“Intanto bisogna inserire la frase nel giusto contesto: nell’intervista parlavo di un momento specifico della mia carriera, in cui per passare al livello successivo dovevo smettere di accettare certi ruoli. Al momento, credo di essere interessato nel ricostruire una carriera cinematografica. Va detto, infatti, che quando mi ero trasferito a Londra per dirigere un teatro sono “uscito dalla vista” delle persone: purtroppo, a Hollywood, se sei fuori dalla vista delle persone sei anche fuori dalla loro mente. Comunque, in questo momento della mia carriera mi interessa moltissimo partecipare alla creazione di storie. E vi posso assicurare che se Martin Scorsese mi offrisse un qualsiasi ruolo non lo manderei a quel paese!”
Da questo dobbiamo dedurre che considera Edgar Wright come un Martin Scorsese del cinema?
“Adoro Edgar Wright e i suoi film: lo reputo un regista sveglio, brillante e amo il suo modo di usare la musica. E poi Wright in questo film mi ha chiesto di interpretare un ruolo “alla Michael Caine”, quindi come potevo rifiutare?!”
In Baby Driver interpreta ancora una volta un “bad guy”. In che modo Doc di Baby Driver è diverso dai suoi cattivi precedenti?
“Io non giudico i personaggi che interpreto, siete voi a chiamarli “bad guys” e quindi a giudicarli. Quando interpreto un ruolo non è mio compito quello di giudicare moralmente un personaggio, quanto piuttosto di interpretarlo nel migliore dei modi. E le parole “cattivo” o “diabolico” non sono dei concetti che si possono recitare. È possibile invece interpretare come effettivamente le persone parlano o si comportano. Inoltre negli ultimi anni gli spettatori hanno dimostrato di essere sempre più attratti anche nel cinema dagli anti-eroi: personaggi complessi e machiavellici, come quelli proposti dalle serie tv dai “The Sopranos” in avanti.”
Per un grande attore come lei, è più interessante recitare nei panni di un basista di rapine in banca, di un politico corrotto o di un grande personaggio a teatro?
“È molto difficile rispondere perché è come fare un confronto tra le arance e le mele, ma se fossi obbligato a paragonare arance e mele direi che, se queste fossero presenti in un teatro, allora io sarei la persona più felice del mondo. Per cui rispondo: teatro, teatro, teatro.”
Lei è un modello per molti attori (Spacey ride sarcasticamente quando sente la domanda tradotta n.d.r.). Ci dice quali sono stati i suoi modelli come attore o chi sono le persone che la hanno ispirata?
“Ho avuto la grande fortuna di avere una madre amante di teatro e cinema, così che i suoi modelli sono diventati i miei: Henry Fonda, Katharine Hepburn, Spencer Tracy, Rosalind Russell, Cary Grant, Jimmy Stewart (lo imita brevemente), Bette Davis… la lista è davvero lunga. Mentre per quanto riguarda le persone che mi hanno ispirato, ho avuto la fortuna di lavorare con Jack Lemmon per quattro anni quando ero molto giovane. Lui è stato un grande mentore per me. Voglio ricordare anche Joseph Papp, direttore del New York Shakespeare Festival, e Alan J. Pakula, forse il primo regista che ha combattuto realmente per me.”
In Baby Driver e in molti altri film lei è doppiato da Roberto Pedicini. Lo ha mai conosciuto? e cosa pensa del mondo del doppiaggio?
“La prima domanda da fare è: lui chi altro doppia? (gli rispondono dalla platea: Jim Carrey, Javier Bardem…). Ve lo chiedo perché una volta, ad un party al Festival di Berlino, mi si è avvicinato un uomo molto emozionato, che mi ha detto: “Io sono te”. E io: “Ah grazie, hai visto qualcosa di te nei miei personaggi” e lui: “No, no, io sono te! Sono te!”. Io non capivo, poi lui mi ha detto “Io sono la tua voce in ogni film che arriva in Germania, e faccio anche quelle di Robert De Niro e Sean Connery”. A quel punto io gli ho risposto “Quindi se faccio un film con loro come fai? Fai tutte e tre le voci?”. Morale della favola: non ho mai incontrato il doppiatore italiano, ma mi assicurerò di non girare mai un film con Jim Carrey (ride di gusto n.d.r).”
Ci sono dei ruoli che lei non prende proprio in considerazione?
“Le uniche parti che non voglio prendere in considerazione sono quelle scritte male. Sono aperto a ogni tipo di ruolo. Niente mi spaventa. Solo la stupidità mi spaventa. Voi giornalisti spesso pensate che siamo noi a scegliere i nostri ruoli, in realtà il nostro raggio di azione si limita a ciò che ci viene offerto e per cui diamo disponibilità.”
In Baby Driver avete recitato a tempo di musica, ci racconta brevemente com’è stata quest’esperienza?
“La musica era già parte integrante della sceneggiatura. Infatti, quando abbiamo letto la sceneggiatura per la prima volta abbiamo anche sentito tutte le canzoni della colonna sonora. E quando Edgar voleva che la nostra recitazione seguisse esattamente il ritmo della canzone presente nella scena, ci metteva degli auricolari in modo tale che noi potessimo sentire effettivamente il brano che si fermava nel preciso istante in cui dovevamo dire le nostre battute.”
Che ci dice del suo lavoro da produttore? Un commento sulla serie Unabomber?
“Mi piace pensare al mestiere di produttore come a quello di un “facilitatore”, cioè di qualcuno che assume le persone, dà loro fiducia e guarda il loro progetto prendere forma. Per dodici anni ho fatto questo all’Old Vic come direttore artistico, quindi posso dire di conoscere bene questo lavoro. Mentre per quanto riguarda la serie Unabomber devo dire che mi ha molto convinto.”
Tornando a parlare dei ruoli che ha interpretato nella sua carriera, qual’è stato quello più difficile?
“Non lo so. È stupido quando un attore dice quanto è stato duro fare questo o quel ruolo. È solo fottutamente divertente per me. Non è mai qualcosa di duro o difficile.”