Pupi di surfaro caffè conPupi di Surfaro sono la band siciliana nata circa dieci anni fa dalla voglia dei suoi componenti, Totò Nocera (voce, barba e percussioni), Peppe Sferrazza (basso) e Pietro Amico (batteria, tammuri, piatti, pignati, padeddi, ciancianeddi), di divertirsi suonando e riscoprendo le radici del folk e la musica popolare siciliana e del sud Italia. Molto apprezzati da pubblicato e addetti ai lavori, hanno costruito un progetto molto complesso e ambizioso, fatto di sperimentazione e impegno sociale, storico e politico che emerge prepotentemente anche dai loro testi. Alla fine dello scorso anno è uscito il loro nuovo disco Nemo Profeta e noi incuriositi li abbiamo voluti incontrare per cercare di scoprire qualcosa in più del loro ultimo lavoro.

Nemo Profeta, il titolo dell’album, nasce dalla difficoltà di convivere con un mondo falso e di esprimere la propria libertà nella vostra terra?

“Tutto quello che noi percepiamo, che riproduciamo è una rappresentazione della realtà. Perciò il mondo che noi conosciamo è una rappresentazione del mondo che non è il mondo stesso. Il mondo che noi percepiamo e che rappresentiamo è falso. Ma il problema non è questo. Nemo Profeta condanna la “verità” e non “la falsità”. La “falsità” è vera. La “verità” è falsa. Perché è impossibile, è impraticabile. Chi sostiene la “verità”, dice la falsità. Chi accetta la “falsità”, chi, in maniera consapevole, vive nella indefinitezza profonda della condizione umana, vive nella verità.
Nemo Profeta condanna chi proferisce la propria verità falsa innalzandola come verità assoluta.”

Una traccia ci ha colpito molto ed è L’Arca di Mosè, dove sembra di assistere ad una rappresentazione teatrale, una filastrocca in dialetto, divertente e incalzante. Poi il vangelo secondo i Pupi di Surfaro: che cosa salvereste dell’uomo di oggi?

L’arca di Mosè cita testualmente passi tratti dal libro della Genesi. Secondo la Bibbia, Dio ha creato l’uomo, lo ha creato imperfetto, incompleto, perché l’uomo nasce da Dio, quindi è parte di Dio, una parte del tutto, dell’essere perfetto. L’uomo e è rappresentazione di Dio, è la sua manifestazione, quindi è la falsificazione di Dio. Poi Dio si accorge che l’uomo non stava facendo bene l’uomo. La sua creatura, evidentemente, non corrispondeva al progetto che Dio aveva pensato al momento della sua creazione. Quindi decide di dare un colpo di spugnetta e cancellare l’uomo e tutte le creature del creato dalla faccia della terra. Anche gli esseri infallibili, ogni tanto, si sbagliano.

L’uomo quando nasce è condannato a vivere sulla terra e ad espiare le sue colpe ancestrali, a purificarsi, a salvare la propria anima pregna di errore, imperfezione, di fallimento. Ognuno salvi se stesso. I Pupi di Surfaro non devono salvare nessuno. Ognuno col proprio carico di responsabilità, di grande umiltà e dignità è chiamato a vivere la propria condizione di falsità e di fallibilità. Per questo, ognuno merita grande rispetto e considerazione. I Pupi di Surfaro, semmai, si guardano bene dal giudicare, dal condannare, dal sentenziare o dal salvare.”

Riconosco temi musicali e stile cari a cantautori come Battiato, ma anche Lucio Dalla. Poi tanto ritmo folk e popolare dalla vostra terra. A chi vi ispirate?

“Noi nasciamo dal folk, dalla ricerca della nostra musica tradizionale. Poi il nostro percorso ci ha portati alla ricerca di un linguaggio contemporaneo. Il folk per essere vivo ha bisogno di evolversi, di emanciparsi. Abbiamo abbandonato l’estetica del folk. Abbiamo mantenuto lo spirito di una musica che parte dal basso e sprigiona le emozioni più profonde, dirette allo stomaco. La nostra ricerca ci ha portati a confrontarci e ad attingere da artisti importanti, come Battiatto, ma anche De André, Fossati, Rosa Balistreri, per sconfinare nella musica di tutto il mondo, al rock, il dub, l’elettronica. È difficile dire quali sono i nostri precisi punti di riferimento. Ci cibiamo di musica, abbiamo il palato fino, ma ci piace tutta la musica. Poi tiriamo fuori tutto quello che abbiamo dentro, dandogli la nostra personalissima forma.”

Contro la globalizzazione, la guerra, la mafia e la politica, la religione… Contro tutto, ma a favore di chi e di cosa?

“Contro chi impone la propria falsa verità. Contro l’arroganza e la prepotenza delle ideologie. A favore dell’Uomo, con la “U/u” maiuscola e minuscola. A favore della vita sacra degli uomini, piccoli pezzetti di verità. Contro la Storia con la “S” maiuscola, raccontiamo le piccole storie di chi vive la propria vita con grande dignità.”

Le vostre parole sono bombe ma sono anche dolcissime, ispirate e profonde. La musica si esprime fuori dagli schemi per assecondare la drammaticità dei temi trattati. Come nascono canzoni come la bellissima Soffio dell’anima?

“Questo album ha avuto una bellissima evoluzione. Dopo un lungo percorso di studio, di interrogativi, di ricerca, è come se tutto abbia cominciato a prendere forma. Così, spontaneamente. Sono nate le nove canzoni che hanno composto un disco che nella sua complessità ha trovato un buon equilibrio tra contenuto e forma dipanandosi in un percorso che, forse, era già scritto. Soffio dell’anima nasce come canzone finale del disco. Un respiro, dopo tanto ritmo ed energia. Un pianto, una preghiera, una dedica. Un soffio. Amore fatto di tanta umanità. Di terra, di polvere, di sudore, di gioia e di dolore.”

Batteria, basso e percussioni, ritmo e sudore, per dare una spallata al sistema e a chi dorme, servi della globalizzazione. Quanto è dura cantare tutto questo a chi lo vive tutti i giorni, da sempre?

“In realtà, noi siamo molto meno cattivi di quanto sembra. Molto meno duri col mondo e con noi stessi. Molto meno incazzati. Cerchiamo di fare il nostro lavoro con dignità, con serietà e con grande senso di responsabilità. Mantenendo sempre quella leggerezza e l’ironia, che è un’arma fondamentale.”

Come prendete il caffè?

“Amaro, rigorosamente. Per assaporarne il gusto robusto e profondo. Per godere di tutte le sue mille sfumature.”