Lo scorso 1° aprile Adriano Formoso ha inaugurato su RAI 2 una nuova serie televisiva dal titolo “Pillole di canzoneterapia e neuropsicofonia” all’interno della rubrica “Tutto il bello che c’è”, in onda tutti i giovedì dalle 13:30 dopo il TG2.
In occasione della prima puntata della serie, il dottor Formoso ha presentato il suo nuovo brano dal titolo “Non m’hai mai”, disponibile sulle piattaforme di streaming e su YouTube.
Formoso, è cantautore, psicoterapeuta, psicoanalista di gruppo e naturopata-omeopata. Il suo amore per la musica nato in giovane età si è consolidato nel tempo parallelamente al suo percorso lavorativo in ambito medico, fino a raggiungere il matrimonio perfetto che ha dato alla luce un progetto assolutamente efficace ed innovativo, dove messaggi terapeutici sono uniti a musiche studiate attraverso gli assunti di base della Neuropsicofonia.
Ma cos’è la Neuropsicofonia?
È lo studio degli effetti di determinate stimolazioni acustiche sul cervello e sul corpo umano. Si basa sull’ascolto di brani musicali, con lo scopo di migliorare i disturbi comportamentali difficili da controllare come l’aggressività, l’isolamento, la depressione o la rabbia.
Durante la pandemia, le composizioni neuropsicofoniche di Adriano Formoso hanno trovato largo impiego per aiutare le persone allettate e colpite dal covid-19, portando l’autore a comporre nuove opere musicali. Passione, ricerca, menti illuminate e divulgazione mediatica, offrono straordinari progetti al servizio dell’informazione con l’obiettivo di migliorare il nostro stile di vita e il nostro benessere fisico e mentale, che mai come oggi sono messi a dura prova.
Ho avuto il piacere di chiacchierare a lungo con il dottor Formoso, intervistandolo per voi davanti a una tazza di caffè, purtroppo virtuale. Ho così scoperto che, grazie alle sue origini arbereshe-cosentine, Adriano Formoso, ama bere il caffè in un bicchiere di vetro chiamato “il 12 a litro”. Questo bicchiere, mi racconta il dottor Formoso, era utilizzato dai giocatori di carte nelle cantine per capire, che arrivati al dodicesimo bicchiere, avrebbero ormai già bevuto 1L di vino e così, nello stesso modo, si beve il caffè.
Il tempo trascorso con lui è stato molto interessante e piacevole. Il suo approccio rassicurante e dal tono amichevole, insieme a sensibilità artistica e professionalità, hanno assolutamente lasciato il segno, proprio come la sua musica…
Ecco la nostra intervista, buona lettura.
“Pillole di canzoneterapia e neuropsicofonia” la sua nuova serie televisiva inaugurata il 1° Aprile su Rai 2. Qual è stata l’idea o l’urgenza che ha portato a svilupparla e come si proietta nel lungo termine?
“L’idea nasce dal desiderio di informare e condividere quanto di meraviglioso c’è nella natura, nell’arte e soprattutto nella musica per il nostro benessere fisico e mentale. Da cantautore ma anche ricercatore, musicista e psicoterapeuta, insieme a Silvia Vaccarezza, Giornalista del Tg2, e Daniela Cuzzolin, Giornalista del Tg3, abbiamo voluto creare una serie di appuntamenti all’interno di “Tutto il bello che c’è” dopo il Tg2 in cui di volta in volta spiego come la musica e le canzoni possono essere un strumento clinico se al loro interno contengono delle caratteristiche riconducibili agli assunti di base della Neuropsicofonia, ovvero l’utilizzo di determinati suoni, linee melodiche e determinate frequenze acustiche che generano particolari effetti sul cervello tali da predisporre al meglio lo spazio mentale dell’ascoltatore per introiettare intensamente quello che il testo della canzone vuole esprimere e trasferire. Rispetto al futuro attendo con speranza ed entusiasmo di poter partire in tour con il Formoso Therapy Show, uno spettacolo terapeutico a cui ho lavorato per molti mesi con la collaborazione del mio team e in particolare con il regista e amico Luigi Ferreri. Avremmo debuttato il 21 Maggio dello scorso anno se non fossimo stati bloccati dal lockdown”.
Quando ha deciso di unire la passione per la musica con la neuro scienza?
“Il desiderio di curare attraverso la musica ha origine da quando ero un giovane studente universitario, studiando per gli esami di neurologia e biologia sentivo che qualcosa di concreto e di ignoto richiedeva approfondimento. Così appena ho avuto un incarico come psicologo di reparto in ostetricia in un ospedale milanese, nel 2005 cominciai a sperimentare gli effetti di particolari frequenze acustiche e suoni nello sviluppo fetale e nell’esperienza della gravidanza di molte ragazze”.
In questo momento storico che ci vede sottoposti a stress, insofferenza, depressione, rivolgersi ad un pubblico di massa potrebbe diventare una chiave di volta. Pensa che terapie come questa arriveranno a soppiantare quelle farmacologiche?
“Assolutamente no, e lo affermo soprattutto da Naturopata. Le terapie farmacologiche sono una risorsa insostituibile per l’umanità e hanno il merito di aver allungato la vita e la qualità della vita di molte persone. Ogni medicina complementare può essere integrata a quella convenzionale per migliorarne l’efficacia e laddove può bastare la naturopatia e altre risorse terapeutiche alternative ritengo sia bene evitare medicamenti più incisivi come quelli farmacologici“.
Una canzone è composta da suoni ma anche da un testo, come sono connessi questi due elementi e come si costruisce una canzone terapeutica?
“Quando l’arrangiamento e il cantato sono l’uno al servizio dell’altro, quando le parole hanno un ruolo importante a livello cognitivo ed emotivo e la musica contiene ingredienti neuropsicofonici nella struttura ritmica, nello sviluppo armonico e nelle frequenze dominanti, avremo realizzato una canzoneterapia. Inoltre una canzone è terapeutica quando consente di agevolare l’esternazione del proprio vissuto o le memorie traumatiche che sono incarcerate dentro di noi. Le canzoni vanno utilizzate seguendo i principi della psicoterapia, per esempio quando curo una persona depressa mi trovo davanti alla necessità di accogliere il suo dolore e riuscire a non farlo sentire in colpa per come sta. Un depresso non è in grado di sperare a volte, non si alzerebbe dal letto e non trova motivazione nel gioire e prendersi cura di sé. È una malattia terribile. Sarebbe controproducente fargli ascoltare una canzone allegra perché lo indurremmo a sentirsi ancora più frustrato e in colpa per la sua incapacità di modificare il suo stato d’animo. Con le persone depresse un buon medico deve imparare ad accogliere e comprendere l’altro, capire come lui percepisce la realtà. In questi casi le mie canzoni malinconiche e romantiche aiutano a piangere di più, a sfogarsi e poi sentirsi più in pace, meglio, anche perché il pianto lava il nostro dolore”.
Quali sono i tempi per trarre beneficio dalla musicoterapia?
“Non possiamo determinarlo a priori perché ogni individuo ha caratteristiche soggettive rispetto al proprio funzionamento psichico che influisce su quello biologico. Sento di poter affermare che a volte bastano poche sedute come quando mi viene richiesto un aiuto per il rivolgimento dei bambini podalici, così per l’insonnia e altri disturbi affrontabili attraverso la trasduzione del suono e delle frequenze acustiche sul sistema nervoso”.