In questa fredda mattinata di dicembre vi portiamo una ventata di Primavera con il nostro caffè, perché lo beviamo in compagnia di un ospite piacevolissimo: Luca D’Alessandro.
Una persona estremamente poliedrica, con moltissimi interessi, tanto che è difficile descriverlo con una sola parola. Infatti lui è coach, autore sia di libri che di testi per il cinema, ricercatore, conferenziere, promotore di un nuovo modo di pensare e di vivere e non in ultimo cantautore.
E si perché Luca ha pubblicato da poco il suo primo album “La primavera della libertà” con la produzione artistica dei Lo Greco Bros, jazzisti internazionali produttori tra l’altro di “This is what you are” di Mario Biondi. L’omonimo singolo è proprio in questi giorni in rotazione radiofonica e noi lo abbiamo incontrato per scoprire qualcosa in più su questo suo nuovo lavoro.
Cento canzoni scritte come fossero state un diario privato: perché hai scelto questa forma per esprimere pensieri ed emozioni e soprattutto perché hai deciso solo ora di condividerle con il pubblico?
“Non ho una vera risposta a questa domanda, a volte le cose accadono e non sai neanche tu perché… Ci sono state una serie di coincidenze che me l’hanno letteralmente tirato fuori con le pinze e ne sono molto felice. Il problema è che adesso fermarmi sarà impossibile. (ride)”
Vista la tua poliedrica veste di coach, scrittore, cantante e la tua passione per lo studio dell’essere umano, che messaggio vuoi trasmettere con il tuo album e a chi ti rivolgi principalmente?
“È decisamente un album pop. I messaggi sono semplici e molto onesti. Non ho cercato di mostrare i muscoli, il mio desiderio era più quello di far respirare le persone. Alcuni pezzi accarezzano, altri ti portano in profondità, altri ancora ti danno la voglia di essere chi sei. Il messaggio di fondo è “che la tua voglia di vivere superi quella della paura di farlo”, a chi si rivolge? A chi capisce questa frase. (sorride)”
Qual è stata la tua “Primavera di libertà”?
“Ne ho avute diverse, l’ultima, di certo questo disco. È stato per me una delle esperienze più vere e intense che abbia avuto negli ultimi anni. Per questo ringrazio tanto tutte le persone che mi hanno aiutato a realizzare questo progetto.”
Musicalmente chi è il tuo modello? Mentre dal punto di vista letterario/filosofico?
“Ne ho diversi, mi piace il cantautorato argentino e spagnolo e in particolare Kevin Johansen e Jorge Drexler, adoro i suoni folk di Jack Johnson, Donavon Frankenreiter e G. Love. Il Latin Jazz degli anni ’70 di Eddie Palmieri e Poncho Sanchez, in Italia Fossati, De Gregori. Apprezzo molto anche la musica autoriale francese da Brassens a Adanowsky. Mentre dal punto di vista letterario onestamente non ne ho. Mi piace molto la poesia e personaggi come Garcia Lorca, Neruda, Rumi, tutti autori che hanno raccontato l’esperienza umana con una profondità che va al di la dei nostri occhi.”
In un periodo dell’anno come il Natale, in cui in molte persone si acuisce un sentimento di solitudine, cosa consigli da coach?
“La solitudine è solo l’incapacità di stare con sé stessi. È l’estraneità da sé stessi. A chi si sente solo, direi: non lasciarti da solo.”
Coach, scrittore, cantante, filosofo: cosa vuoi fare da grande?
“Credo l’attore. È un po’ di tempo che questa cosa mi chiama. Quando lascerò il mondo della crescita personale, probabilmente musica e recitazione saranno i miei due motori.”
E infine la nostra domanda alla caffeina: come prendi il caffè?
“Americano… il caffè mi deve scaldare e accompagnare per un po’… mi piace appoggiare la tazza e sapere che lui è li che mi aspetta ancora caldo e con tanto da darmi.”