Recensione di Una notte di 12 anni, film di Álvaro Brechner che racconta la prigionia di Pepe Mujica e dei suoi compagni. Dal 10 gennaio al cinema distribuito da Bim Distribuzione in collaborazione con Movies Inspired
Catapultatevi in un momento storico difficile quale quello degli anni 70… 1973 per la precisione ,in un paese, l’Uruguay, che si sveglia una mattina assoggettato da una dittatura. Chi cerca di combattere questa dittatura sono i tupamaro, guerriglieri ben organizzati ma che nulla possono contro la ferocia dei soldati del regime. E di conseguenza vengono smantellati e schiacciati. Tre di loro, che poi testimonieranno per la realizzazione del film Una notte di 12 anni, vengono catturati nel settembre 1973. Sono Jose “pepe” Mujica, (ex presidente dell’Uruguay), Mauricio Rosencof, scrittore e poeta di fama ed Eleuterio Fernandez Huibobro ex ministro della difesa.
In quell’infausta notte vengono portati via in un’operazione segreta militare che durerà 12 anni. Da quel momento in poi verranno spostati a rotazione in diverse caserme sparse nel Paese e assoggettati a un macabro esperimento. Una nuova forma di tortura mirata ad abbattere le loro capacità di resistenza psicologica. Con un ordine ben preciso: visto che non possiamo ucciderli, li condurremo alla pazzia.
Nei 122 minuti della durata di Una notte di 12 anni, lo spettatore non può non chiedersi: come hanno fatto a sopportare 12 anni in isolamento legati in silenzio, privati delle necessità fondamentali denutriti con i sensi ridotti ai minimi termini? Il film racconta proprio questo. Ovvero come i loro corpi e le loro menti spinti oltre l’inimmaginabile siano riusciti a sopravvivere, a conservare volontà e determinazione, ricreando il loro mondo attraverso l’immaginazione (una partita a scacchi immaginaria o un favore ad una guardia per provare il piacere di tenere per qualche minuto una matita in mano) al fine di sfuggire alla terribile realtà che li condannava inesorabilmente alla follia. La regia del giovane Alvaro Brechner riesce a farti entrare nell’agonia dei personaggi e nella gioia quando questi 12 anni in una notte finiscono.
E alla fine, lo ammetto… anch’io mi sono chiesto cosa avrei fatto in una situazione del genere? Ma fortunatamente non sono riuscito a dare una risposta perché secondo me la risposta la si può avere solo vivendo quel tipo di stress mentale e fisico. Di una cosa, però, sono certo: la mente umana è più forte di ogni cattiveria.
By Mauro Caputi