Oggi il nostro caffè con… è in compagnia di un giovane ortopedico molto particolare. Lifestylemadeinitaly.it vuole infatti presentarvi un medico chirurgo 2.0 responsabile per la chirurgia del piede e della caviglia dell’unità operativa C.A.S.C.O. dell’IRCCS – Istituto Ortopedico Galeazzi di Milano, un quarantenne professionista iper specializzato che crede nel potere della comunicazione social anche in campo medico. Come? Con un’informazione chiara e ben fatta. Un luogo dove il paziente possa ricevere informazioni e dove medico e paziente possano “dialogare”. Per Federico Usuelli i social hanno un enorme potenziale se usati bene con un linguaggio chiaro e diretto. Attenzione, però: nessuna informazione o consiglio può sostituire una visita di persona, ma agevolare, magari, il percorso di cura.
Scopriamo insieme chi è Federico Usuelli e di quale innovazione è portavoce.
Lei si definisce “un medico social con una missione sociale”. Perché?
“In realtà ogni medico ha una missione sociale e io vengo da una famiglia di medici. Mio nonno era un pediatra, mio papà un medico di Base. Posso dire, quindi, di aver osservato il ruolo del medico da vicino, ancora prima di esserlo diventato.
Ho imparato sin da piccolo che ogni medico ha un obiettivo, che, di per sé, è una missione sociale: migliorare con la propria conoscenza e la propria disponibilità la qualità della vita dei pazienti.
Penso che i“social” siano uno strumento per declinare conoscenza e disponibilità in modo attuale, qualità che hanno da sempre caratterizzato i medici, molto prima dell’avvento dei “social”.
Non so se la mia sia possa definirsi una “missione”. A ogni modo il mio impegno è avvicinare il paziente a una conoscenza super specialistica, perché possa comprendere ed essere partecipe delle cure e del percorso terapeutico consigliato. La conoscenza, oltre che un diritto, è la chiave del successo di ogni cura, anche in un campo iper specialistico come il mio: la chirurgia del piede e della caviglia”.
In che modo si può recuperare sui social il rapporto che c’era una volta tra medico e paziente?
“Un paziente quando non sta bene ha paura, dubbi e cerca informazioni ancora prima che soluzioni. La prima utilità dei social è dare visibilità e rendere fruibili informazioni, che, in passato era difficile reperire.
L’altra, la mia preferita, è la possibile interazione tra la conoscenza messa a disposizione e quella recepita dal paziente mediante la disponibilità a rispondere direttamente alle domande”.
Come tenersi alla larga dall’informazione poco corretta su Internet? Come si fa invece a fare un’efficace e corretta informazione sui social? Ci racconti un po’ della sua esperienza…
“Il rapporto tra medici e Internet non è nato bene. I pazienti lo utilizzavano per trovare conferma di una diagnosi e mettere sotto esame, o sotto accusa, il medico.
La rete, però, non può sostituire una laurea in Medicina, prima, e l’esperienza e la dedizione, dopo.
Oggi, invece, Internet sembra essere diventato un serbatoio più veritiero (probabilmente con alcune aree grigie), dove lo specialista può offrire un’informazione all’avanguardia.
Un’ulteriore grande rivoluzione della rete è aver reso possibile il confronto e l’incontro tra malati con lo stesso problema, diretto e senza filtri.
Per esempio, recentemente è nato un gruppo chiuso su Facebook (si fanno chiamare “Scavigliati”) di pazienti malati di artrosi di caviglia. Non l’ ho fondato io e non è stata una mia idea. Penso, però, che sia un’ottima iniziativa con obiettivi nobili: offrire assistenza e informazioni pratiche a chi, con una diagnosi, viene catapultato in un mondo di ansie e dubbi.
I gruppi chiusi sono uno strumento nato spontaneamente con un grande potenziale.
Hanno, però, anche un limite: manca il filtro della conoscenza del medico e ciò, a volte, può generare pericolosi equivoci.
L’attività di un medico sui “social” può quindi avere anche lo scopo di bilanciare e stemperare questi possibili equivoci. Allo stesso modo, sono convinto che sia, invece, un errore offrire diagnosi direttamente dalla bacheca di Facebook. L’informazione non sostituisce la visita, può renderla solo più efficace.
Facebook o Instagram non sono un strumento di telemedicina. Per il paziente Internet è utile per documentarsi. Per il medico è un mezzo per lavorare meglio: pazienti sempre più consapevoli durante le visite e, probabilmente, anche profilati meglio in base alle sue competenze.
Ecco alcuni miei numeri per comprendere. Oggi ho un sito Internet (www.federicousuelli.com) dove il paziente può trovare informazioni che lo riguardano (testi e video), che fa 100.000 nuovi accessi al mese, una community Facebook che segue la mia pagina professionale di circa 70.000 persone e una pagina Instagram che ha più di 3.500 followers.
Questi numeri ci dicono che la comunicazione è il primo passo per curarsi”.
Veniamo al suo lavoro di ortopedico chirurgo e alla sua “missione sociale”. Può raccontarci di Steps2Walk?
“Questa è una vera missione sociale. Grazie della domanda! In passato mi ero dedicato a diverse missioni umanitarie tra cui Africa e Zambia. Sono momenti emozionanti e gratificanti per un medico. Si tratta di mettere a disposizione le proprie conoscenze ed esperienze in favore di pazienti che non hanno accesso a cure di “nessun livello” o di “livello molto elementare”. È davvero gratificante il sorriso di un bambino o l’abbraccio di un genitore, qualche giorno dopo o mesi dopo la guarigione.
Esistono diversi modi per dedicarsi a chi ha bisogno, ma fondamentalmente ogni progetto si fonda su diverse necessità ugualmente importanti: risorse economiche e risorse professionali dedicate al progetto.
In poche parole, serve chi lo finanzia e chi lo sostiene regalando tempo, conoscenza e competenze. Talvolta, però, si ha la sensazione che “sia tutto una goccia nel mare”.
Ecco perché quando il mio maestro, Mark Myerson, ha deciso di fondare e dedicarsi a una nuova forma di beneficienza nel nostro campo, ho abbracciato con entusiasmo il progetto. Step 2 Walk è una Fondazione che cura e allo stesso tempo offre formazione in Paesi in via di sviluppo o già sviluppati, in cui però la conoscenza in ambito di chirurgia della caviglia e del piede deve ancora crescere.
Il format è quello di dedicare una settimana a ogni missione associando formazione alla cura di pazienti. Li si visita li si opera insieme a colleghi del luogo. Insieme, poi si seguirà il follow-up nel tempo”.
Si tratta di trasformare quella goccia nel mare, in un seme di conoscenza! Sono orgoglioso di essere nel board di questa Fondazione. Ho già partecipato a una missione in Cina, a breve una in Polonia e poi ancora in Cina”.
Qui in Italia a che punto è la chirurgia di piede e caviglia? E per quanto riguarda le protesi?
“In Italia, siamo a un ottimo livello. Gli ambiti dove la chirurgia del piede e della caviglia ha fatto grandi passi in avanti negli ultimi anni sono tre: mini-invasività nelle correzioni dell’avampiede, preservazione del movimento nell’artrosi di caviglia, cartilagine e medicina rigenerativa.
Oggi l’evoluzione dei design protesici e della tecnica chirurgica ci ha permesso di poter preservare il movimento dei pazienti artrosici, proprio come si fa con anca e ginocchio. Teniamo presente che i pazienti affetti da artrosi di caviglia il più delle volte sono giovani che hanno subito fratture nel pieno della loro vita lavorativa e relazionale. Curare questi pazienti con una protesi significa dare loro indietro la possibilità di riprendere a lavorare e, in famiglia, di tornare a fare una passeggiata o una corsetta con moglie e figli.
Penso che lavorare in un grande ospedale in un centro di riferimento ortopedico, come IRCCS Galeazzi, ci abbia dato la possibilità di sviluppare nostri progetti di ricerca”.
Oggi, come per la protesi di caviglia, facciamo formazione internazionale e curiamo pazienti che arrivano da noi da altre parti nel mondo per curare la cartilagine e i loro tendini con medicina rigenerativa.
Cosa si sente di consigliare alle star che per lavoro sono costrette a indossare sempre i tacchi alti?
“Di non preoccuparsi più di tanto! Infatti, come una scarpa o un tutore correttivo non hanno reali potenzialità correttive, anche una scarpa stretta e un tacco impegnativo non hanno gravi responsabilità nell’insorgenza delle deformità dell’avampiede. Ovviamente, in presenza di queste deformità possono rendere più veloce l’insorgenza della sintomatologia. In questo caso la scelta può essere quella di limitarne l’uso o di pianificare una correzione della deformità dolorosa dopo una visita specialistica”.
Che cosa si rischia o come si possono prevenire determinate patologie del piede e della caviglia?
“È una domanda molto generica. Ci tengo, però, a dare una risposta molto specifica. Il piede deve essere considerato come una marionetta (lo scheletro, con tutte le su articolazioni), governata da corde e braccini che scendono dall’alto (muscoli e tendini, che originano dalla gamba e dal ginocchio). A prescindere dalla deformità e dalla sintomatologia, il principale motore del piede è il tricipite ( polpaccio)”.
La vera prevenzione è dedicarsi quotidianamente allo stretching del tricipite, attività fondamentale cui ho dedicato molto spazio sul mio canale YouTube e sulla mia pagina Instagram.
Esistono attività specifiche, che prevedono di farlo a piedi nudi, incrementando anche le capacità propriocettive e di equilibrio. Una vera medicina per il piede, come lo yoga”.
Quali i consigli per chi viaggia molto per non avere problemi di caviglie gonfie o di ristagni di liquidi?
“Innanzitutto, consultare il proprio medico di base sull’utilità e sull’eventuale modalità di assunzione di un anti-aggregante piastrinico. E, a seconda del caso, l’uso di calze contenitive. Ricordo, infine, l’importanza di alzarsi e muoversi parecchie volte durante lunghi viaggi in aereo”.
E poi la nostra domanda di rito … E lei come lo prende il caffè?
“Ristretto, senza zucchero”.