L’ospite del nostro caffè di oggi è Stefano Jacurti, un’icona western che spazia tra il grande schermo, i libri ed il suo ultimo spettacolo teatrale in scena al teatro Keiros di Roma. Lo ha intervistato per noi Francesca Bochicchio al Cartoomics di Milano perché ci sono grandissime novità che lo riguardano…
Video-intervista
E dopo la pausa caffè ecco un altro paio di domande a Stefano Jacurti per saperne un po’ di più sul suo Generale Grant.
Stefano, cosa si prova ad interpretare a teatro un personaggio come il generale Grant, mai visto in italia sul palcoscenico? Ti sei dovuto documentare?
“Assolutamente si. Studio quel periodo storico da tempo e un attore, se deve interpretare un personaggio realmente esistito, deve sapere molto su lui. Di Grant ho letto le memorie ed è come se fossi entrato nella sua mente . Sui campi di battaglia era un mastino: l’uomo che Lincoln cercava. Nonostante questo era un uomo semplice, tormentato qualche volta dall’alcool e dall’orrore dei massacri che fra l’altro non riguardano solo lui ma tutta la guerra civile, sia nord che sud. Del resto si può dire che fu un generale molto western, “cigar whisky and winning” come lo chiamano negli usa sui libri. Sul generale che poi divenne presidente, ci sono aspetti e colori diversi che ho fatto uscire nel monologo che ho scritto, ma ora, come sapete, io e Alessandro Iori, stiamo portando avanti un progetto ampliato che riguarda tappe importanti della storia americana, dove il cinema ha fatto una scorpacciata, ma a teatro sono arrivate solo briciole e ci piaceva (ri)portare queste ambientazioni su un palcoscenico. Arriveranno altri personaggi famosi quanto Grant. “Dalla guerra di secessione all’ultima frontiera”, appunto.“
Il film “Se il mondo intorno crepa” cosa ti ha lasciato oltre al premio in America?
“Una bellissimo esperienza, non so quando potrò ripeterla, nessuno conosce il futuro, so solo che in quel film ho voluto lasciare qualcosa di me, di come sento e vivo il western nelle mie storie. Auguro a tutti quelli che hanno partecipato buona vita artistica, poi vedremo. Quello che conta è l’idea, se mi venisse un’idea in cui credo, sarei capace di rivoltare il mondo per superare le difficoltà pur di girare non un film, ma “quel film”.“
Hai scritto quattro libri riguardo al western, e spesso hai detto che l’ultimo libro, “Western sex rock and horror”, è nato in un momento delicato della tua vita. Cosa trovano i lettori in quelle pagine?
“Trovano significati universali, storie che sanguinano in un mondo selvaggio, ma sanguinano non solo per le pallottole che nel libro non mancano, sanguinano per quello che uomini e donne hanno dovuto lasciare voltando il cavallo per cercare nuovi orizzonti. Ma questi personaggi, sia nel west di ieri, che nel mondo country attuale, sono abituati a cucirsi le ferite da soli, a battersi ancora per qualcosa per cui valga la pena, a scoprire verità celate per anni, costi quello che costi. Sono personaggi che capiranno molte cose durante un viaggio fra gli indiani, in sella ad una Harley Davidson o a un cavallo lanciato al galoppo per salvare qualcuno.“
Che cosa è la frontiera per Stefano Jacurti?
“L’orizzonte della frontiera… già la natura è sempre la stessa. Quella attraversata per raggiungere un motel del sesso on the road, o un ranch dell’ottocento per fare una strage. Nel genere western, in quel mondo dove tutto è esponenziale, c’è sempre certezza di pena, di riscatto, di perdono o di crescita. Può succedere tutto e il contrario di tutto. Questo aspetto l’ho sempre voluto rimarcare in qualsiasi settore: film, libri e teatro, con un sorriso però… tanto è tutto finto e non muore nessuno.“