Il trio di giovanissimi trionfa con “Grande Amore“, secondo Nek (miglior arrangiamento e premio sala stampa e tv) e terza Malika Ayane (Premio Mia Martini).
Finisce il festival dei record di Carlo Conti che testimonia quanto l’Italia avesse bisogno di cantare, di svagarsi e sentirsi Italia più di prima. Il festival della musica. Peccato per le tante stonature e per la banalità di molte delle canzoni presentate: si è persa una grande occasione per dare di più, per azzardare e stupire con la nostra creatività ed il nostro buongusto musicale. Carlo Conti però ha colmato questa lacuna con la linearità e la preziosità delle scelte di tutto il resto, a partire dagli ospiti comici e internazionali. Un buon prodotto made in Italy alla fine.
Le nuove proposte potevano già salvare questa edizione ma la vittoria finale è andata a qualcosa di assolutamente anonimo, Caccamo, benché la vitalità dei Kutso abbia accompagnato e rallegrato fino all’ultimo la gara. Si è tardivamente rimediato premiando meritatamente il giovanissimo Kaligola, autore della canzone “Oltre il giardino“, miglior testo della categoria.
Si può emozionare con qualità allora, ma bisogna anche avere il coraggio di premiare chi merita e la vittoria finale lascia molto perplessi.
Veniamo ai Campioni.
Ripercorriamo la gara e gli interpreti:
Masini poteva vincere ma si emoziona (dopo il saluto di Pieraccioni?); Nina Zilli bella e brava ma il suo blues non convince; Fiorella Mannoia incoraggia Chiara sulla quale non trovo niente da dire, ma proprio niente; Checco dei Modà manda gli auguri all’unica band in gara, anche se lui stesso è in gara come autore, ai Dear Jack che scendono le scale sicuri e sorridenti per il successo dei sondaggi: brutta impressione, penso per un attimo, non è che vincono veramente? Oddio, se ha vinto Caccamo tutto può essere, mi dico, ma poi il verdetto finale mi rassicura: al peggio non c’è mai fine! Malika ha voce e stile ma odio le canzoni che all’inizio si fa fatica a sentirle.
Veniamo al vero vincitore: Nek, bagno di applausi e premi (aveva vinto anche la gara delle cover con “Se telefonando”) per una canzone dance e la sua aria da marito in libera uscita: dopo il tonfo degli altri Big è l’unico a rilanciarsi, con merito.
Seguono tutti gli altri: menzione speciale per Annalisa che farà sicuramente il boom, per la canzone di Irene Grandi, per i sempre bravi e composti Nesli e Lorenzo Fragola (un po’di trasgressione no?) ed infine per il povero Grignani, esempio dell’imbarazzo per un cantante con evidenti mancanze di voce ma con tanto cuore e passione.
Ma che ci volete fare: è il Festival delle stecche!!! Ha stonato meno Panariello nei panni di Renato Zero che Gianna Nannini in quelli di se stessa.
Panariello: finalmente un intervento da comico! Ci mancano il comico Grillo e il diavoletto Benigni e giustamente ci pensa lui a ricordarci che se non c’è pena sicura la gente continuerà a peccare, a truffare e ad evadere. Irriverente, spassoso e geniale: a suo agio ad un passo dal baratro, in bilico tra mafia, politica, giustizia e dottrina. Grazie Giorgio! La comicità del festival è tutta qui, senza dimenticare i Boiler e il mitico Rocco Tanica.
Tanti gli ospiti, come Ed sheeran e Will Smith, tutti scelti con intelligenza e, per quelli musicali, esibizioni di altissimo livello, una costante per tutta l’edizione. Chissà che spese folli!
Ma Carlo Conti dà il senso della misura, del necessario: a partire dall’omaggio floreale per ogni presenza femminile, semplice ed economico, fino alla scelta delle sue splendide vallette, due delle quali cantanti e simboli del festival, come a dire: è tutto studiato e calcolato fino all’osso! economizziamo gli spazi, i tempi, le emozioni e persino gli applausi! e ricordando che a febbraio scade il canone il gioco è fatto: l’abbonato Rai è sempre in prima fila e merita questo ed altro!