In un ciclo di continua morte e rinascita, il tentativo di tracciare delle linee di confine è arduo, sia che esse appartengano a concetti scientifici sia che derivino da spiegazioni mistiche. È indubbio che tale argomento goda di un fascino innegabile dal momento che la grande tragedia umana è comunque la morte. Essa per molti individui trova ragione nel “passaggio” ad altra esistenza, per altri invece nulla esiste dopo la morte biologica se non la memoria di coloro che ci ricordano. Ma se accettiamo l’idea che l’uomo possiede in sé delle forze che sfruttano sia la sfera bio-psicofisica sia quella spirituale, ecco che l’intreccio narrativo del cortometraggio “Memorie Sbiadite” di Valentina Galdi, fondatrice della società di produzione cinematografica The Gladiator Company, inizia ad assumere un senso.
TRAMA DI “MEMORIE SBIADITE”
Vito, un ragazzo sulla trentina, è da tempo sotto terapia per disturbi mentali: sente continuamente una voce e ha allucinazioni visive ad essa correlate. Fiducioso del buon esito della cura, il ragazzo decide di tornare nella stanza dove tutto sembra esser cominciato, ma quando rivede una vecchia foto la voce torna prepotentemente nella sua testa. Resosi conto dell’inutilità dei farmaci, Vito acquisisce una nuova consapevolezza di sé che decide di esternare al suo migliore amico, affermando con convinzione che ciò agli altri appare folle non è altro che parte integrante della sua vita…o quanto meno del suo passato.
RECENSIONE
“Memorie Sbiadite” rappresenta uno spunto di riflessione sul modo di intendere il fenomeno delle voci interiori. L’idea è nata alla regista Valentina Galdi in seguito alla lettura di una discussione su un forum online, in cui si analizzava un caso concreto di una donna in costante balia di una voce che la invitava/spingeva a compiere gesti non sempre di natura positiva. Discussione in cui i partecipanti si dividevano in due filoni di pensiero: uno legato all’idea comune di patologia da curare con l’aiuto di farmaci e/o specialisti, e un altro più incline alla conversazione con l’ipotetica entità per liberarsene con naturalezza.
Il cortometraggio romanza entrambi questi aspetti, mostrando come un ragazzo sotto terapia non riesca, con il solo aiuto dei farmaci, a liberarsi di una voce e una visione, probabilmente appartenenti a una sua vita passata. Il protagonista, dunque, decide di provare una strada diversa, fatta di accettazione e comunicazione, discostandosi dagli ideali comuni per abbracciare l’idea della follia come parte integrante del proprio essere.
Il nostro protagonista è in cura farmacologica, ma sono molte le terapie adottate oggigiorno per il superamento di traumi, visioni, paure, ecc, tra cui la psicoterapia ipnotica.
Questa, è una delle tecniche utilizzate per incontrare sé stessi a metà strada tra i due mondi, per così dire. Le tecniche relative alla regressione, vengono utilizzate per creare questo presunto ponte fra presente e passato, fra vita attuale e “vita precedente”. Lo stato modificato di coscienza consentirebbe di bypassare le amnesie per raggiungere ricordi profondi altrimenti inaccessibili.
L’attenzione cosciente viene focalizzata su particolari eventi e di lì convogliata verso ricordi lontani nel tempo. Nel nostro cortometraggio, il protagonista trova un suo modo per arrivare alla guarigione, ammesso che si parli di patologia, o una strada verso la verità, se ci riferiamo alla sua vita passata. Il suo inconscio riesce così a riprodurre immagini senza esserne indotto, materializzando i suoi pensieri nella donna che forse amava in un’altra vita.
In ogni caso, il messaggio di “Memorie sbiadite” è univoco: la verità in qualsiasi forma si presenti a noi, va incontrata!