Arriva al cinema il 12 settembre “il film premiato al Festival di Cannes, che racconta la storia di due sorelle divise da un destino ingiusto ma nonostante questo non perderanno la speranza di potersi ritrovare: La Vita Invisibile di Euridice Gusmão di Karim Aïnouz. Recensione, trama e trailer

La Vita Invisibile di Euridice Gusmão recensionePresentato al Festival di Cannes, dove è stato anche premiato nella sezione “Un Certain Regard”, il film La vita invisibile di Euridice Gusmão di Karim Aïnouz, distribuito da Officine UBU, è la storia ambientata nel Brasile degli anni Cinquanta e Sessanta dell’amore tra due sorelle, costrette dalla propria famiglia e dalle condizioni sociali a vivere lontane l’una dall’altra.

Euridice Gusmão che sognava la “rivoluzione” è il romanzo di Martha Batalha che il regista brasiliano Karin Aïnouz sceglie di portare sullo schermo, per due ore e venti che passano in un lampo, tante sono le emozioni che riesce a regalare.

La vita invisibile di Euridice Gusmão, diretto da Karim Aïnouz, è ambientato a Rio de Janeiro nel 1950. Guida (Julia Stockler) ed Eurídice (Carol Duarte), due sorelle, due donne complementari, unite e inseparabili, che vivono con i loro genitori dagli ideali conservatori. Guida ed Eurídice trovano l’una nell’altra uno spazio sicuro per le loro speranze e aspirazioni. Mentre Guida vede nella sorella una preziosa confidente per le sue avventure amorose, Eurídice trova nella vivace sorella maggiore l’incoraggiamento di cui ha bisogno per perseguire il suo sogno di diventare una pianista professionista. Un giorno, stanca di vivere sotto le rigide regole del padre Manoel, Guida intraprende un’impetuosa storia d’amore con un marinaio e decide di seguirlo in Grecia. Quando mesi dopo Guida torna a casa single e incinta, il padre la bandisce brutalmente da casa e le dice che Eurídice è partita per studiare musica a Vienna e non vuole avere ulteriori contatti con lei. Per proteggere l’onore della sua famiglia, Manoel tiene Eurídice, ora sposata, all’oscuro del ritorno di Guida impedendo ogni contatto tra loro. Guida e Eurídice cercano di prendere il controllo dei loro destini separati, senza mai rinunciare alla speranza di potersi ritrovare. Mentre Guida combatte ogni giorno per vivere una vita dignitosa come madre single, Eurídice lotta per essere sia la perfetta casalinga, sia una musicista professionista. Senza l’appoggio reciproco, le sorelle dovranno trovare da sole la forza di superare gli ostacoli che impediscono loro di diventare le donne che avrebbero potuto essere. Tra le difficoltà quotidiane, la più grande battaglia è contro il destino che le ha separate. Due sorelle vicine e lontane, lontane e vicine. Condannate a stare lontane fisicamente ma sempre una accanto all’altra nel pensiero ovvero l’unico terreno comune in cui alimentano sogni e speranze Ed è proprio nella messa in scena di un viaggio invisibile, astratto, possibile ma mai fattibile che il film trova la sua forza proponente. Grazie a due prove d’attrice sopraffine (Julia Stockler e Carol Duarte sono di rara intensità), questo melodramma tropicale ci fa entrare negli sguardi e nei pensieri delle protagoniste. Ne riusciamo a capire i desideri, ne cogliamo ogni frustrazione. Emerge così il panorama di un Brasile spogliato di qualsiasi fascino esotico, abitato soltanto da padri-padroni e mariti inetti, autoritari ma mai autorevoli, impauriti da qualsiasi progetto indipendente delle donne che (non) amano. In mezzo a tanto vuoto d’amore, in mezzo ai corpi sudati, maltrattati, castrati delle femmine, emerge il potere invincibile del ricordo, ovvero quella dimensione privata, intima e impenetrabile. Quel posto tutto nostro dove niente e nessuno potrà mai rovinare le persone che abbiamo amato davvero.

La vita di Euridice è invisibile – come dice titolo – in due sensi: non è rintracciabile dalla sorella che mai riuscirà ad avere sue notizie, ma è invisibile anche perché lei che aveva così tanti sogni sarà costretta a vivere da casalinga, senza poter affermare il proprio desiderio e costretta a subire le angherie del padre e del marito. Tutti i rapporti sessuali di cui fa esperienza nel corso del film vengono rappresentati come esperienze di violenza e sopraffazione, compresi quelli che avvengono nella relazione matrimoniale a cui la donna partecipa come puro oggetto appropriabile dal marito. E non va meglio alla sorella Guida che, però, nella sua povertà e nelle sue peregrinazioni, riscopre la possibilità di costruire nuovi mondi, fatti di legami non biologici, mentre la famiglia d’origine e di sangue rimane un luogo di incomprensione e di violenza.

Il film di Aïnouz, oltre a essere un dramma potente e un canto all’amore tra sorelle, parla però anche direttamente del presente. Pur riferendosi a una vicenda negli anni ’50 è in grado di mettere a tema anche i rischi di una struttura familiare tradizionale, con tutto il carico di violenza che questo comporta. Il film, come ha sottolineato il regista durante la presentazione, è dedicato non solo a tutte le donne che ancora subiscono in tutto il mondo la violenza maschile e sistemica, ma anche a tutte coloro, che in qualsiasi forma, mettono in atto delle forme di resistenza.

Il tentativo di portare al cinema una storia amata dai lettori di due donne complementari, unite e inseparabili è assolutamente riuscito. Il risultato è un’operazione che va ben oltre il letterario, diventa un film godibile a sé stante, apprezzabile in primis per la scelta di raccontare la sorellanza in termini di amore smodato, ispirazione quotidiana, ricerca infinita in una Rio de Janeiro mai così piena di gente e di disperazione.

Impossibile non cedere al fascino di questo racconto. Impossibile non restare travolti dalle capriole emotive delle protagoniste, dalle loro avventure disgraziate, da quella voglia di espressione costantemente frustrata e messa a tacere. Si parteggia per loro, si segue ogni vicissitudine familiare come fosse la propria, si condivide il pathos che l’autore distribuisce ad arte e con rara misura nel narrare decenni di vita di due donne le cui esperienze che diventano in qualche modo universali. Tutti abbiamo avuto o conosciuto un’Euridice e una Guida in famiglia, tutti abbiamo coltivato dentro noi stessi la voglia di ribellarci o adeguarci al modello familiare. Ainouz ha saputo raccontarlo attraverso i volti e i corpi magnifici e tormentati di due bravissime attrici, e non finiremo di ringraziarlo per questo.