Trama, trailer e recensione de L’Angelo del Crimine diretto da Luis Ortega, con Lorenzo Ferro e Chino Darín. Dal 30 maggio al cinema distribuito da Bim e Movies Inspired
Ho deciso di iniziare questa recensione del film L’Angelo del Crimine, con un nota personale: per me che sono sempre stato, per indole, legato a registi filoamericani, riscoprire Almodovar e la sua inconfondibile impronta in altri bravi registi è un qualcosa di veramente entusiasmante, soprattutto dopo aver visto il suo ultimo capolavoro Dolor y Gloria. Ho premesso ciò perché Ortega nella sua pellicola, realizzata anche grazie al contributo della casa di produzione di Pedro Almodovar, El Deseo, attinge a piene mani alla poetica e allo stile del grande regista spagnolo, con tinte più dark.
Con L’Angelo del Crimine, Luis Ortega ha portato sul grande schermo la vera storia di Carlos Robledo Puch, conosciuto come “l’angelo nero”, uno dei criminali e serial killer più famosi nella storia dell’Argentina, che terrorizzò Buenos Aires tra il 1971 e il 1972, uccidendo undici persone sparando loro alla schiena oppure mentre dormivano. Il fatto che i suoi crimini avvennero durante un periodo di positivismo influenzato dalle teorie lombrosiane, che sostenevano che la bruttezza fisica fosse un movente per commettere crimini (ovvero nell’immaginario collettivo diventavano criminali coloro che nascevano con occhi sporgenti, pelle scura, naso aquilino, fronte spaziosa, denti storti), gli fornì un eccellente copertura per commettere reati. Infatti Robledo non avrebbe potuto essere più diverso dallo stereotipo del criminale presente nell’immaginario collettivo dell’epoca: proveniva da una famiglia povera ma onesta e aveva un contegno pacato e riservato. Ma ciò che più confuse l’opinione pubblica fu proprio il suo aspetto fisico. Infatti per il suo viso angelico, i riccioli biondi e un fascino androgino, un agente di polizia disse che sembrava una versione al maschile di Marilyn Monroe. Carlitos, si arrese alle autorità il 4 febbraio 1972, dopo l’ennesimo, rocambolesco tentativo di fuga, e oggi, dopo oltre quarantacinque anni di carcere, è il prigioniero più longevo nella storia dell’Argentina.
Un’interpretazione fantastica del giovane attore Lorenzo Ferro classe 1999, che riesce a rendere questo freddo assassino, una sorta di angelo mandato da Dio, che in quanto tale rinnega ogni tipo di proprietà personale. Infatti lui non ruba per tenere ma ruba per il piacere di farlo e di donare. Non uccide per cattiveria ma perché così è giusto, e lo fa in un modo così naturale e semplice che le crudeltà commesse fanno chiedere allo spettatore se siamo morti davvero. Per l’efferatezza dei crimini commessi da quel criminale, viene da pensare che “solo un pazzo possa fare certe cose”, ma il giovane attore riesce a rendere il suo Carlitos un angelo della morte sceso in Terra e non un pazzo assassino. Un angelo che con amore omicida toglie la vita a chi lo ostacola. Insomma un’interpretazione assolutamente funzionale al messaggio del film, volto a mettere ancora una volta in luce l’ambiguo e banale fascino del male.
Molto bella anche la colonna sonora che concorre ad esaltare l’atmosfera vintage del film, donandoci in versione spagnola canzoni tipo, “The house of the rising sun” degli Animals, che fa da tappeto musicale ad un finale decisamente bizzarro dai risvolti comici e una versione di “Non ho l’età” di Gigliola Cinquetti, che fa capire quanto questi registi siano legati alla musica italiana come nel caso del film di Almodovar Dolor y Gloria che invece predilige Mina.
Insomma nel complesso, Luis Ortega, dalla storia vera di questo “Angelo del Crimine”, riesce a costruire un film affascinante, ironico e sconcertante al tempo stesso, sul quale probabilmente vi troverete a dibattere con il vostro accompagnatore e che vi catturerà esattamente come ha fatto con me, che prima di vederlo non ci avrei scommesso sopra, mentre ora mi sento di consigliarlo vivamente!
By Mauro Caputi