Trama, trailer e recensione in anteprima di “Kufid” dal 17 giugno 2021 al cinema con Cineclub Internazionale Distribuzione. Il film è stato presentato in concorso nella sezione italiana TFFdoc dedicata ai documentari della 38° edizione del Torino Film Festival

KufidUn regista va in Marocco per un sopralluogo: vuole girare un documentario sui fenomeni urbanistici. Torna in Italia con del materiale, ma mentre sta per iniziare a girare il documentario arriva la pandemia. Sulla suggestione del materiale raccolto inizia una riflessione, un percorso autobiografico, completamente diverso dagli intenti iniziali. Un confronto con un’entità, “Kufid”, che sconquassa vite ma non scalfisce stereotipi e pregiudizi, lasciando in sospeso questioni irrisolte. Il futuro sarà, «Inch’Allah» (se Dio vuole).

Il film documentario “Kufid” di Elia Moutamid è una pellicola girata durante i primi mesi della pandemia, un tema ben sviscerato e che delineerà l’intero contesto della storia. Il risultato di un percorso forzatamente autobiografico con risvolti drammaturgici molto interessanti. Al di là dei dubbi e delle riflessioni sollevate da un virus che ci sconvolge tutti, il primo intento di “Kufid” è raccontare dinamiche umane attraverso una narrazione basata sul concetto di trasformazione urbana. Spiega il regista Elia Moutamid: “In questo film ci sono io, c’è l’Italia e c’è il tempo presente. Qualcosa di inaspettato e di enorme portata scombussola i miei piani e quelli del mondo, io però, decido di usarlo a mio favore. La prima battuta della voce fuori campo dice: Da piccolo i miei genitori mi hanno insegnato a dire Inch’Allah quando metto in programma di fare qualcosa”.

Ecco, “Kufid” è questo: la pianificazione di qualcosa di non pianificato. Un ossimoro. Questo documentario è un prodotto confezionato artigianalmente ma professionalmente in casa. Raccontare l’esterno dall’interno delle mura nelle quali si è confinati non è impresa facile, soprattutto perché la troppa soggettività diventa rischiosa agli occhi dello spettatore, ma in questo caso l’esperienza soggettiva coincide con quella collettiva ed è così che il tema della fratellanza diventa una intuizione, che trascina lo spettatore nella casa del vicino. Moutamid risveglia così emozioni di pancia che ci fanno riflettere su chi siamo e chi abbiamo dimenticato di essere. In questo film il regista mette tutto sé stesso, come una cavia smontata e messa davanti ad uno specchio senza fare prediche o morali, solo facendo domande. L’istinto di infrangere le regole, la paura, la precarietà, la collaborazione, conferiscono al docufilm una doppia faccia, un’anima in conflitto con se stessa, uno specchio che non ci mostra altro che noi stessi.

“Kufid” è un film dove identità etnica, religiosa e culturale sono concetti mai sovrapposti, bensì mantengono un loro spazio vitale indipendente e ben incastrato nel collettivo. La pandemia come pretesto narrativo per parlare di un evento che tutti unisce e che tutti separa, dove l’io e il noi alla fine dei conti sono la stessa cosa. Un evento drammatico e destabilizzante che spinge l’uomo istintivamente alla necessità di reincanalarsi in un percorso ben preciso. La normalità? Può darsi. Ma la normalità di ieri? E com’era la nostra vita “normale”? Ci piaceva? Ne siamo sicuri? Sembra passato così tanto tempo che…. quasi non me lo ricordo.

L’uomo è abile nel risollevarsi dalle situazione più e più volte, riascoltare e rivedere se stessi attraverso la pellicola di Moutamid non cambierà le cose domani, ma di certo non le farà dimenticare “un domani”.