Il Festival di Sanremo 2019 è iniziato davvero con una grande carica di energia, grazie al balletto sulle note di “Via” di Claudio Baglioni, che ha aperto la prima serata. Quindi la gara è entrata subito nel vivo e le canzoni sono state da subito protagoniste con l’esibizione di Francesco Renga e la sua “Aspetto che torni“. La melodia è buona, c’è molto di Bungaro nel testo, ma la voce di Renga non esplode, sembra quasi che si trattenga e così la sua solita carica stenta ad arrivare a chi ascolta, così come le emozioni.
È stata poi la volta di Nino D’Angelo e Livio Cori, che hanno presentato un’insolita accoppiata: uno scambio generazionale, in cui il pop di Cori si è rincorso e scontrato con lo stile Nino D’Angelo con un buon sound, fino ad un finale armonico. Sorprendente.
Non convince invece Nek, che nella sua “Mi farò trovare pronto“, ripropone un rock anni ’80, che però non riesce a coinvolgere più di tanto.
Buona presenza e ritmo per The Zen Circus con “L’amore è una dittatura“, che con il loro modo di intendere la musica, ci hanno regalato una partenza stile Rino Gaetano. E anche se il testo non dona nulla di nuovo, ci troviamo comunque davanti ad una canzone, vera.
https://www.youtube.com/watch?v=rQben-ExW7g
Poi sul palco dell’Ariston è stata la volta de Il Volo con “Musica che resta“. Che dire, pronti a vincere: un successo nato anni fa proprio su questo palco, ma musica che resta solo perché infiocchettata attorno alle loro grandi voci, col solito finale a chi canta più forte. La democrazia è anche questo, alla gente piace. Bravi!
Dopo 7 anni di assenza, torna attesissima una delle Signore del Rock all’italiana: Loredana Berté con “Che cosa vuoi da me“. Intramontabile, un pezzo stile Vasco per la presenza tra gli autori di Gaetano Curreri, che sa quindi mantenere lo stile rock della Berté, aggressiva e simbolica da sempre. Buona esecuzione, impegnativa.
Il Festival di Sanremo 2019 vede tra i cantanti in gara anche Daniele Silvestri con “Argentovivo“, cantata con la partecipazione di Rancore.
La sua performance ha dispensato brividi. Solo Brividi ed emozione. Nessuna retorica.
Un mondo fuori, un mondo dentro, gabbie virtuali. Un carcere. Senza poesia. Il futuro brutto delle nuove generazioni.
https://www.youtube.com/watch?v=ijH-zDO6WTc
E poi c’è stata la prima volta di Federica Carta e Shade con “Senza farlo apposta“. Due ragazzi dall’aspetto semplice, pulito, gli stessi che incontri per la strada. Semplice anche la canzone, la solita melodia che esplode dopo una carica rap, un modello oramai consolidato per la nuova musica italiana. Magari un po’ di intrepida follia non guasterebbe, vista la bella voce di Federica. Piace comunque.
E a proposito di uno che piace, Ultimo con “I tuoi particolari“, ha dimostrato di essere oramai una sicurezza, una consolidata stella. Testi mai banali, anche se a volte… ( “viaggiamo in ordini sparsi”? Forse rimane in testa di più… ) Una ballata rock dopo l’exploit rap dello scorso anno, un artista completo per questo ha successo. La canzone sa crescere ed è ben studiata, anche se a volte ricorda un certo Tiziano Ferro. Comunque originale. Molto bravo.
E a proposito di bravura, un plauso particolare all’intermezzo in “musical” che ci hanno regalato un super Favino nei panni del mitico Freddy Mercury e la Mary Poppins, Virginia Raffaele, con a fare da sfondo le “suore” di Sister Act.
Tornando alla gara, ecco calcare il palco un’altra veterano della musica italiana, Paola Turci con “L’ultimo ostacolo“. Una bella canzone, un incipit dal diverso stile, forse vicino alla Consoli. Poi il classico ritornello sempre proiettato al di là dell’orizzonte.
Per Motta, invece, con “Dov’è l’Italia” bisogna fare i conti con una voce forte ma non digeribile da subito per chi non conosce l’artista. Anche la canzone vive di momenti ricercati sicuramente ma non sempre fortunati. Ripetitivo il ritornello come spesso accade per gli artisti che cercano di trasmettere forti emozioni, ma la frase non è indimenticabile né così significativa.
Sanno molto bene quello che fanno Boomdabash con “Per un milione“. Nulla da dire, bella voce. Solo che se anche Sanremo diventa il luogo di culto dei pezzi rap, pop, con la stessa base a ripetizione… Però bravi i Boomdabash!
E nella prima serata di rodaggio, piccolo inconveniente tecnico per Briga e Patty Pravo, tanto da farle esclamare in attesa che si risolvesse “Ma sono venuta a fare una passeggiata o a cantare?”. Con “Un po’ come la vita”, la Pravo ha dimostrato di esserci ancora! Lui ha presenza e voce. Magari non sarebbe stata male neanche la canzone. Però cari autori, possiamo osare ogni tanto qualcosa o dobbiamo sempre rifarci allo stesso canovaccio logoro?
Qualche anno fa Vasco Rossi scrisse una meravigliosa canzone che Patty Pravo portò proprio al Festival… che vi consiglio caldamente di riascoltare.
Simone Cristicchi ha presentato “Abbi cura di me“. Bel testo. Molto. Le parole, soprattutto nella strofa, poco melodica, contano. Gli accordi però sono sempre quelli e si ritrovano in tanti brani. Modula, lui, col suo modo di sognare. Da riascoltare. Con attenzione.
L’originalità sicuramente non manca ad Achille Lauro con “Rolls Royce“. Bisogna però capire cosa si nasconde sotto tutte queste immagini citate, questi abiti, questo rock sognante e ben strutturato. In verità ricordo che agli inzi anche i grandi erano tutti così sbarbatelli, irriverenti e palesemente acerbi per il pubblico attempato dell’Ariston. Vedremo.
Però che figo ascoltare un rock’n’roll a Sanremo! Voglio una vita così!
E a proposito di rock, ci hanno pensato i Negrita con “I ragazzi stanno bene“. Ballata rock, ben strutturata, quasi pop. Il ritornello però non mantiene la promessa del crescendo, dello stile. Purtroppo non convince del tutto, perché francamente mi aspettavo qualcosa di più.
https://www.youtube.com/watch?v=i6nnBCkYrdw
Non era male l’inizio di “Mi sento bene” di Arisa, quasi a omaggiare gli anni ’50 o ’60, un tema musicale alla Freddie Mercury. E poi che bella voce. E l’esplosione ritmica per gridare “mi sento bene” tanto popolare da chiedersi se si tratti di un pezzo dei Ricchi e Poveri. Chissà come verrà accolta dal pubblico…
Con Ghemon e la sua “Rose viola” si torna ad un’altra ballata pop dalle melodie che cercano di uscire dalla gabbia armonica consueta di questa edizione, dove sembra sia vietato fare viaggi verso accordi inesplorati… ma purtroppo per quanti sforzi faccia Ghemon, restano intrappolate.
Ed ecco qualcuno che il suo Sanremo lo ha già vinto: Einar con “Parole nuove“. Eh si lui è il vincitore di Sanremo Giovani e per compiere una simile impresa devi essere valido, con alle spalle per lo meno il martirio di tante selezioni e giurie da convincere. Questo ragazzo sembra testimoniarlo e sa quello che deve fare. Sembra solido, pronto, preparato.
Qualcosa di diverso, moderno, europeo mi verrebbe da dire, ce l’ha fatto ascoltare Ex-Otago con “Solo una canzone“. Anche se il testo non offre parole e concetti particolari. Il tentativo di imitare i live delle più grandi star del pop e rock mondiale, con la fanciulla che sale sul palco per ballare col cantante, poteva confermare questa impressione. Fuori luogo all’Ariston.
Anna Tatangelo con “Le nostre anime di notte“, sa emozionare, si lascia trasportare dal brano che evidentemente deve averla stregata al primo ascolto. Questo è già un passo avanti, anche se dopo un paio di passaggi la canzone sembra aver detto tutto quello che poteva offrire.
Molto interessante il brano presentato da Irama, “La ragazza con il cuore di latta“, che dal titolo poteva lasciare intendere che avremmo affrontato un viaggio nel mondo delle anime giapponesi. Così non è stato, anzi il drammatico richiamo a questa giovane che affronta la vita in salita ci riporta immediatamente a terra. Un pezzo molto bello, fatto di strofe parlate ed un bel giro per l’inciso. Bravo.
https://www.youtube.com/watch?v=itnCqVnoz1M
Sorpresa dalla canzone di Enrico Nigiotti, “Nonno Hollywood“, che mi ha fatto pensare che da contratto tutte le canzoni debbano partire con l’intro al piano. Una bella coesione tra un sentimento di forte amore per il nonno e parole a volte sopra le righe, tipiche di un toscano. Il ritornello non è male, ti resta dentro con questa strana scoperta che sì, si può scrivere una canzone anche per il nonno.
E un rap melodico, a tratti ipnotico, ci ha fatto ascoltare anche Mahmood con “Soldi“. Anche qui alcune considerazioni: alla sua voce diretta si fa presto l’abitudine perchè è interessante. Ma non agli effetti che piacciono tanto ai ragazzini per la voce, di questi non ha bisogno!
Insomma, tante note, tante parole, tanta musica per questo Festival di Sanremo 2019: chi vincerà? Sicuramente la MUSICA!