“Dune” è forse uno dei film più attesi di questo mese. Tra amanti del romanzo e amanti del film di Lynch del 1984 ognuno ha la sua attesa sulla pellicola di Denis Villeneuve. Non avendo né visto l’uno né letto l’altro vi scrivo le mie sensazione senza alcun tipo di paragone.
Il film è narrato dal punto di vista di Paul (Timothée Chalamet) della casata degli Atreides che, a causa della decisione del padre Leto di avallare le richieste dell’imperatore, si ritrova a vivere con la sua casata nell’ostile pianeta di Arrakis. Il pianeta è abitato dai Fremen, il popolo delle dune ed è una pedina centrale nell’economia dell’impero tanto da portare Paul, al centro di un’antica profezia, a dover scegliere da che parte schierarsi nella lotta tra le casate.
«Senza Dune, Guerre stellari non sarebbe mai esistito»
Un po’ di storia. Era il 1965 quando Frank Herbert pubblicava il primo romanzo della saga “Dune”. Da quel momento questa saga ha influenzato in lungo e in largo la fantascienza moderna. Scegliere di rappresentarlo in versione cinematografica e quindi esporsi alle critiche del mondo dei fan è un gesto che va valorizzato. Prima di Villeneuve solo il sopracitato David Lynch nel 1984 si era cimentato nella sfida raccogliendo pareri discordanti.
«Il puro piacere dell’invenzione e della narrazione ad altissimo livello» (Isaac Asimov)
In primo luogo mi sento di rendere onore a Villeneuve per il tentativo. Poi si sa che la squadra è quella che conta e non il singolo e al regista non manca un cast d’eccezione, Timothée Chalamet, Rebecca Ferguson, Oscar Isaac, Dave Bautista, Zendaya, Jason Momoa e Javier Bardem basterebbero da soli per invogliare chiunque ad andare al cinema, per non farsi mancare nulla le musiche sono affidate al maestro Hans Zimmer, se fossero rimasti dubbi.
Il cast lo abbiamo, la regia la abbiamo, le musiche sono affidate a uno dei migliori e la storia è tratta da un caposaldo della letteratura fantascientifica: si può sbagliare un film del genere? Si, la risposta breve. La risposta lunga prevede delle considerazioni.
Il connubio tra musica e regia è molto interessante, la percezione è che la coppia Villeneuve-Zimmer voglia avvolgere lo spettatore e frastornarlo per non dargli punti di riferimento. Il film non ha picchi: è la narrazione di una serie di eventi che si susseguono come se fossimo all’interno di un sogno, anche la morte e la battaglia sono ovattate dando una forma onirica alla pellicola.
Ma allora Niccolò cosa non ti ha convinto di “Dune”?
Facile: la narrazione. Accennato, questo è l’unico aggettivo che mi viene per descrivere il film. Sono accennate le relazioni tra i personaggi, è accennata l’ambientazione, sono accennati i retroscena così come lo è la storia generale. Vengono narrati una serie di eventi senza dare peso a niente e a nessuno portando lo spettatore a essere smarrito. Così mi sono sentito portato in un mondo nuovo senza il vocabolario per leggerlo. Se ci aggiungiamo che essendo un primo capitolo di per sé narra un arco narrativo relativamente piccolo nella storia, mi sarei aspettato di essere più coccolato. Anche perché la pellicola non è breve: 155 minuti che avrebbero permesso di fare di più a mio parere.
Il mio consiglio su questo film? Se dovete vederlo andate al cinema perché le sensazioni trasmesse da Hans Zimmer potrebbero svoltarvi la visione. Vederlo a casa, non è molto consigliato.
E a proposito di cinema “Dune”, presentato Fuori Concorso venerdì 3 settembre, in prima mondiale, alla 78. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica della Biennale di Venezia, sarà nelle sale italiane dal 16 settembre distribuito da Warner Bros. Pictures.