Mio padre conservava gelosamente un vecchio disco. Non era un album musicale, era la registrazione audio di uno spettacolo che si chiamava “A me gli occhi please!”. Al teatro Tenda di Roma andava in scena questo one man show, come dicono gli americani, nel quale un attore faceva tutto da solo, o quasi. Si ascoltava in silenzio. Sembrava di essere tra il pubblico perché ad occhi chiusi la voce di Gigi era dentro di te! Una sensazione unica, decorata dal morbido fruscio del vinile. Ero piccolo e quello fu il mio primo approccio con Gigi Proietti.
C’era tutto: l’omaggio a Petrolini, la dolcezza e genialità di Lerici, l’autore.
L’educazione sessuale, il padre partigiano, la telefonata, le maschere, il dialetto napoletano, il country americano… Era il 1976.
Ma Proietti aveva già vissuto un’altra vita, fatta di piano bar, di musica, di avanguardia teatrale, di cinema.
Perché la vita lui se la magnava!
Leggendo una sua autobiografia, Il Decamerino, oltre al racconto delle sue scelte artistiche, come il teatro serio e d’avanguardia, prima della svolta, cioè aprirsi al teatro popolare, mi è rimasta impressa una storia del ragazzo Luigi. Narra di una giornata estiva come tante della sua giovinezza: lui e la sorella da Roma si imbarcano su un autobus per raggiungere il mare. Ma lui freme come sempre, ha fame di tutto e in questo caso ha proprio fame perché durante il viaggio si mangia tutto quello che si erano portati per passare la giornata, compreso il pranzo della sorella!
Il teatro popolare divenne la parodia di tutto quello che Gigi aveva studiato: cantare Nun me rompe er ca’ alla francese, recitare Shakespeare domandandosi il senso di quello che stava dicendo, inventare linguaggi nuovi.
Il cinema fu un altro grande palcoscenico: tanti film e molti di noi ricordano naturalmente il cult Febbre da cavallo e Mandrake, ma anche Meo Patacca, Il casotto, Tosca.
Inutile stare a elencare le trasmissioni televisive, le serie tv, il mondo del doppiaggio e le canzoni romane.
Però due ricordi belli vale la pena di citarli…
Il primo è un video dove Gigi canta un suo grande successo, Me so’ magnato er fegato, con l’autore del pezzo, un certo Claudio Baglioni.
Il secondo è un musical di Luigi Magni del 1989, con la regia di Garinei e le musiche di Nicola Piovani intitolato I sette Re di Roma dove Gigi si ritrova nella parte non solo dei sette Re ma anche di divinità, fiumi e quant’altro per descrivere il mondo magico e mitologico della nascita della città eterna.
Cantando da par suo la storia nostra.
Gli ha dato tutto a ‘sta città.
C’ha dato tutto.
S’è pure fatto ‘na saùna, calla calla, e noi a di’:
ma nun c’anna, ma lassa perde, ma chi t’ o ‘o fa’ fa’!
E famolo st’applauso! Grazie…